L’idea della Scacchiera di Onnon ha iniziato a fare capolino e, poco dopo, a scalpitare, dentro un’aula universitaria.
Avevo da poco iniziato la mia attività di docente al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna, incoraggiata dal desiderio del ‘nuovo’ e sostenuta dalla ricchezza che la mia esperienza nel Servizio Pubblico e in tanti altri campi mi aveva consegnato.
Una volta entrata, sono stata sorpresa: io, che venivo da un’idea di sviluppo e di apprendimento vis-a-vis, mano-a-mano, testa-a-testa, ho incontrato giovani che chiedevano più slides che parole, più schermi che volti, più libri che esperienze.
Da qui la necessità di affidarmi ad un diverso stile didattico in aula, la cui riuscita sarebbe stata misurata in “sguardi”, cartine tornasole di un effettivo passaggio da “ascoltatori passivi” ad ascoltatori attivi, inter-attivi…vivi.
La nuova didattica avrebbe puntato ad aumentare la capacità critica, il coraggio di dire, il rispetto dell’ascolto e del pensiero dell’altro, l’attenzione al non giudizio e a sottolineare la ricchezza del condividere i propri pensieri, del riflettere in gruppo, del coltivare e seminare curiosità. Il tutto accompagnato da un leit motiv: uno stile gentile, creativo ed accogliente.
L’aula si è trasformata così in un terreno fertile, innaffiato da giovani attenti e curiosi con le mani alzate, laddove venivano messi nella condizione di sentirsi loro stessi responsabili del terreno e dei suoi futuri frutti. La coltivazione non mi ha mai deluso: sono fiorite opportunità, conoscenze nuove, confronti, prospettive e soprattutto riflessioni tra giovani e colleghi. Scoprire che era possibile apprendere sperimentando sul campo, meglio ancora se all’aperto (nei luoghi, “dentro” le esperienze), e che questo attivava immediatamente l’interesse e la passione, la ricerca dei propri significati e dei propri punti di vista rispetto agli autori “da libro”…era per me una scommessa vinta.
Intravedevo tuttavia che questo approccio ri-evoluzionario rischiava di incontrare sguardi perplessi nei corridoi accademici.
Ho guardato comunque oltre.
E ho trovato due alunne, oggi dottoresse ancora al mio fianco, disposte ad accogliere con coraggio e determinazione una sfida: quella di poter dire qualcosa sulle potenzialità di questo apprendimento sul campo che insieme avevamo sperimentato. È nata così un’idea di ricerca: presa una scacchiera, a me cara per implicazioni affettive e relazionali, e qualche libro, ci siamo rivolti ai bambini e ai ragazzi nelle scuole per provare a dimostrare quanto l’apprendimento passasse attraverso l’esperienza fatta con il corpo. Il gioco degli scacchi si è rivelato un veicolo di infinite opportunità e conoscenze, di spunti didattici, interdisciplinari ma soprattutto di socializzazione, di valori…di sviluppo a 360 gradi.
L’obiettivo che si veniva definendo era sì l’apprendimento ma soprattutto il benessere di bambini, giovani e della comunità educante…sostenuti GIOCANDO.
È questo il nucleo fondante di quella che oggi, dopo tanto seminare e raccogliere, è diventata l’Associazione “La scacchiera di Onnon”: essa è intenzionata ad operare nel sociale per suggerire alla comunità riflessioni utili a conoscere più da vicino le vulnerabilità che ci circondano, e per proporre strumenti alternativi e concreti per il riconoscimento e la valorizzazione delle risorse di ciascuno.
Il tutto grazie ad un Team unito nel lavoro, nel pensiero, nelle riflessioni, nell’ipotesi di cambi di prospettiva, nel coraggio di alimentare fin dai primi momenti di vita dei bambini la possibilità di stare bene: un diritto per loro e un dovere per noi adulti che ne siamo responsabili.
Elisabetta Ciracò